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I nuovi reati presupposto del D.Lgs. 231 e gli impatti sul Modello Organizzativo

Tra la fine del 2014 ed i primi mesi del 2015 ben tre sono state le nuove leggi che hanno avuto un impatto sui reati presupposto del D.Lgs. 231 ed i relativi Modelli Organizzativi:

  • La legge N° 186 del 15 dicembre 2014, che ha introdotto il reato di autoriciclaggio (art. 648 ter-1 c.p.)
  • La legge N° 68 del 22 maggio 2015, che ha introdotto i cosiddetti ecoreati, ovvero i reati di inquinamento ambientale (art. 452 bis c.p.), disastro ambientale (art. 452 quater c.p.), delitti colposi contro l’ambiente (art. 452 quinquies c.p.), traffico ed abbandono di materiale ad alta radioattività (art. 452 sexies c.p.), circostanze aggravanti (art. 452 novies c.p.)
  • La legge n° 69 del 27 maggio 2015, che ha modificato il reato di false comunicazioni sociali (art. 2621 c.c.), introdotto il reato di fatti di lieve entità (art. 2621 bis c.c.), introdotto il reato di false comunicazioni sociali delle società quotate (art. 2622 c.c.) novellando l’art. 2622 che prima era false comunicazioni sociali in danno dei soci o dei creditori.

Occorre pertanto una revisione organica del Modello Organizzativo e l’Organismo di Vigilanza deve essere parte diligente nel segnalare all’Organo Amministrativo tale necessità.

Il reato di Autoriciclaggio

Su questo già abbiamo scritto ed altro non possiamo fare che riconfermare i contenuti già espressi in questo articolo (Autoriciclaggio: quale impatto sui Modelli Organizzativi ex D.Lgs. 231?) che abbiamo pubblicato quattro mesi fa.

La novità assoluta del reato di autoriciclaggio, unitamente ad alcune dissertazioni dottrinali ancora lungi dall’essere definite ed alla totale assenza di giurisprudenza, non permettono di aggiungere altro, per il momento.

Se non che anche Confindustria, nella sua circolare del 12 giugno 2015 che alleghiamo in calce, ha di fatto sposato le tesi da noi precedentemente espresse, auspicando che le difficoltà interpretative vengano prontamente superate in ottica di non uscire, per i reati base dell’autoriciclaggio, dal perimetro dei reati presupposto del D.Lgs. 231

Gli ecoreati

Lasciando per un attimo in disparte reati specialistici e propri della criminalità organizzata (ovvero il traffico ed abbandono di materiale ad alta radioattività con le relative circostanze aggravanti), concentriamoci sull’inquinamento ambientale ed il disastro ambientale, anche nella sua forma meno grave, ovvero quella colposa.

Generalizzando, da che cosa possono essere originati l’inquinamento ambientale e la sua estremizzazione (il disastro ambientale)?

  1. scarichi idrici
  2. emissioni in atmosfera
  3. gestione dissennata di rifiuti
  4. sversamenti accidentali
  5. incendio
  6. evento catastrofico (sisma, per esempio).

I primi tre eventi dovrebbero essere già oggi correttamente presidiati all’interno del Modello Organizzativo, in quanto oggetto di specifici reati presupposto già ricompresi nel catalogo dei reati del D.Lgs. 231.

Quanto al punto 4, un azienda che abbia rischi ambientali rilevanti è di norma soggetta ad Autorizzazione Ambientale e dunque già sicuramente adeguatamente protetta contro questi rischi; diversamente, per chi ha potenzialità inquinanti basse, si tratta al più di prevedere una istruzioni specifica per fronteggiare emergenze dovute a sversamenti accidentali (che comunque non dovrebbe mancare come presidio anche in relazione alla prevenzione del punto 1).

Quanto al punto 5, avere un CPI (Certificato Prevenzione Incendi) aggiornato ed in regola e provvedere alle manutenzioni previste ai presidi antincendio rappresenta di certo un sistema di prevenzione sufficiente.

Infine quanto al punto 6, proprio il disastroso sisma del maggio 2012 nella nostra Regione ha imposto alle aziende la necessità di fare interventi di consolidamento strutturali ai propri capannoni, adeguandoli alle nuove normative vigenti, ed a considerare il rischio sismico ed i relativi piani di emergenza all’interno dei documenti in adempimento al D.Lgs. 81/08.

Si tratta pertanto, in larga parte, di presidi già esistenti.

Il reato di falso in bilancio

Il falso in bilancio, ovvero le false comunicazioni sociali, sono un reato già presente dal 2002.

Le modifiche introdotte nel suo testo dalla Legge n°69 del 27 maggio 2015 ne elevano il livello di rischio, ma non la sostanza. Perché se da un lato mancano, tra i fatti che possono originare il falso in bilancio, le cd. valutazioni, dall’altro l’eliminazione delle soglie di significatività e la reintroduzione della procedibilità di ufficio  ne elevano oggettivamente la probabilità.

Vanno dunque valutati, ed eventualmente rafforzati, i presidi esistenti che di norma, nella loro versione minima, son rappresentati dai controlli eseguiti dalla società di revisione e dal collegio sindacale, oltre che dalla collegialità garantita dalle delibere consiliari ed assembleari.

Come deve operare l’Organismo di Vigilanza

I consigli per i passi da seguire da parte dell’Organismo di Vigilanza sono sempre i soliti:

  • Informare l’Organo Amministrativo della necessità di aggiornamento del Modello
  • Partecipare, se richiesto, alla fase di mappatura dei rischi
  • Valutare l’idoneità delle modifiche apportate
  • Promuovere l’attività di divulgazione e formazione.

 

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AUTORE

Consulente di organizzazione aziendale e sistemi di gestione dai primi anni ‘90, si occupa di Modelli Organizzativi ex D.Lgs.231 dal 2002. E’ presidente o membro permanente di Organismi di Vigilanza in numerose società, anche di rilevanza nazionale. E’ membro di numerosi Comitati Tecnici costituiti in seno alle principali Associazioni di Categoria e relatore a seminari e convegni di rilevanza nazionale.