La composizione dell’Organismo di Vigilanza ex D.Lgs. 231
Composizione dell’Organismo di Vigilanza elemento primario per la ‘tenuta’ del Modello Organizzativo ex D.Lgs. 231
L’Organismo di Vigilanza e la sua composizione sono un aspetto fondamentale, tra quelli presi in esame dai Tribunali, per valutare le condizioni per riconoscere alla società la cosiddetta ‘esimente’.
In effetti quale sia la composizione ottimale è una delle domande che noi consulenti ci sentiamo porre più frequentemente, anche nei corsi di formazione nei quali siamo docenti. Ed è argomento dibattuto sia dalla Dottrina che, ora, anche nelle sedi dei Tribunali.
Autonomia ed indipendenza dell’Organismo di Vigilanza ex D.Lgs. 231
Questi sono gli elementi fondamentali che, inderogabilmente, i membri dell’Organismo di Vigilanza devono rispettare. Ma come declinare tali aspetti e, soprattutto, dove reperire le persone o i professionisti per una composizione ottimale dell’Organismo di Vigilanza?
Autonomia ed indipendenza significano, in concreto, che i membri dell’Organismo di Vigilanza non devono essere né in rapporto di subordinazione rispetto all’organo dirigente, né soggetti apicali in aree a rischio (in quanto controllore e controllato andrebbero a coincidere), né preferibilmente soggetti sottoposti alla direzione di apicali di aree a rischio.
Né si può sostenere che è l’Organismo di Vigilanza nella sua collegialità a dover possedere tali requisiti (per esempio con un membro ‘incompatibile’ controbilanciato da due membri indipendenti), in quanto al momento non vi sono sentenze specifiche e riteniamo non prudente sfidare i Tribunali su tale questione.
Pertanto la nomina di ruoli chiave (quali per esempio l’RSPP o il Direttore Amministrativo) all’interno di un Organismo di Vigilanza plurisoggettivo non è auspicabile (e non sappiamo quanto possa essere ritenuto sufficiente dal Tribunale la formale astensione del membro in oggetto su questioni sulle quali il medesimo ha il presidio.
Non è pertanto facile, per una piccola media impresa, reperire tale risorse all’interno e, sempre più spesso, occorre rivolgersi ad uno o più professionisti esterni.
Professionalità dell’Organismo di Vigilanza ex D.Lgs.231
Esterni sì, ma anche qui con alcuni distinguo, in quanto il principio di autonomia ed indipendenza deve essere comunque salvaguardato.
Interessante al riguardo una recente sentenza della Cassazione (Cass., II, 9 dicembre 2016 n. 52316) che, oltre a stigmatizzare la presenza di un soggetto apicale della società, esprime un parere contrario anche alla presenza del commercialista di fiducia della proprietà.
Non esiste, anche in questo caso, una composizione ottimale a priori, in quanto dipende dalla rilevanza dei rischi individuati in seno all’azienda. L’Organismo di Vigilanza di un’azienda chimica dovrà differire da quello di un’impresa edile come da quello di una società che opera nella finanza o nel settore informatico. Anche se, questo va detto, le professionalità mancanti possono sempre essere integrate ricorrendo a consulenze specialistiche cui l’Organismo di Vigilanza può avere accesso grazie al budget di spesa che immancabilmente gli deve essere assegnato.
La professionalità che, a nostro parere, non deve mancare e che può facilmente integrare e coordinare bene tutte le altre, è l’esperto di auditing, sia che provenga dal mondo della revisione sia che provenga dal mondo dai sistemi gestione, in quanto è l’unica che può valutare, anche agendo eventualmente come controllore di terzo livello, l’efficacia e la tracciabilità dei controlli posti in essere da altri soggetti o organi aziendali.
AUTORE
Consulente di organizzazione aziendale e sistemi di gestione dai primi anni ‘90, si occupa di Modelli Organizzativi ex D.Lgs.231 dal 2002. E’ presidente o membro permanente di Organismi di Vigilanza in numerose società, anche di rilevanza nazionale. E’ membro di numerosi Comitati Tecnici costituiti in seno alle principali Associazioni di Categoria e relatore a seminari e convegni di rilevanza nazionale.